Gabriella Gallozzi – L’Unità

lnvisibile. Senza nessun diritto di «parola». Neanche col pubblico di un festival. E questa la sorte toccata a Mitraglia e il Verme, il nuovo toccante e sempre indipendentissimo film di Daniele Segre arrivato fin qui con la «bocciatura» importante di due festival come Venezia e Torino. Se in questa pagina parliamo del cinema indipendente che non riesce ad uscire nelle sale, qui siamo di fronte a qualcosa di più: l’esclusione «a monte» dal circuito mediatico di un «prodotto» di qualità – come del resta garantisce il «curriculum» di Daniele Segre che paga il prezzo della mancata omologazione ai «rassicuranti» modelli espressivi correlati per spingere, invece, sulla sgradevolezza e la «Crudeltà». Mitraglia e il Verme, infatti, e un impietoso affresco-metafora dei tempi che viviamo, raccontata attraverso le grandi prove d’attore di Stefano Corsi e Antonello Fassari. Unici due interpreti di questo dramma dall’impianto teatrale sulla linea del precedente e premiatissimo Vecchie – che sceglie come «scenario-totem» i cessi pubblici dei mercati generali. Qui, infatti, si consuma il dramma di due «piccole» esistenze. II Verme e il guardiano dei cessi, pronto a giocarsi – e perdere – ai cavalli ogni centesimo che racimola, per poi maledirsi della sua debolezza. Mitraglia e il responsabile delle contrattazioni ortofrutticole dei mercati, un energumeno con le mani in pasta nella strozzinaggio, ossessionato dai calcoli renali che 10 costringono costantemente ad urinare. Vittima dell’usura di, Mitraglia e la povera gente che non riesce ad arrivare alla fine del mese, riflesso di un oggi che vive sempre di più sui filo della povertà e dell’incertezza.
Tempi in cui uomini come Mitraglia, dal basso dei suoi intrallazzi, e capace di sposare le «leggi del mercato» che premiano il taglio «dei rami secchi», come il Verme, per esempio. Perchè dare lo stipendio a un guardiano dei cessi pubblici quando si potrebbe sostituire con “Una porta, automatica col gettone” E questa l’umanità, 0 meglio «l’inumanità» che ci affresca il nuovo film di Segre; dove in Mitraglia e il Verme ognuno può scavare per ritrovare, magari, quelle parti inconfessabili del proprio essere. Un mondo sempre più cupo, senza vie di fuga, dove l’incertezza domina completamente il presente.
E, il tutto, descritto senza alcuna indulgenza. Sudore, urina, dolore anche fisico – quello dei calcoli di Mitraglia – sono il décor della pellicola. Un film che, come spiega lo stesso Segre – «e nato d’istinto di fronte ad un profondo sentimento di indignazione per il tempo in cui viviamo. Stavolta,infatti, non mi bastava un documentario sulla realta, ma come per Vecchie il film e nato dall’urgenza di raccontare attraverso I’interpretazione di due grandi attori, due splendidi cinquantenni».
Attualmente Mitraglia e il Verme è in attesa del responso dei festival di Rotterdam e Berlino. «Come direttore del festival di Bellaria – conclude il regista – conosco le difficoltà della selezione dei film. Però trovo singolare che Mitraglia e il Verme abbia subito questa totale esclusione e me ne dispiaccio». E dispiace anche a noi, soprattutto se pensiamo al passato festival di Venezia dove, soprattutto nel concorso, non sono passati esattamente dei capolavori.